Con il diffondersi dei social network ed il loro accesso consentito ai ragazzi in giovane età, si è diffusa anche la moda delle “challenge”. Queste sfide riguardano dei giochi (chiamati erroneamente così) che si diffondono tramite il web. La loro particolarità è di essere molto pericolosi, in certi casi addirittura mortali, per chi li affronta. Solitamente hanno inizio da un gioco divertente, poi modificato e trasmesso tramite canali video e web per indurre quante più persone a riprodurlo. I partecipanti riprendono in diretta tutto il “gioco” tramite una webcam, in modo tale da poter mostrare al mondo quanto valgono. Tale dimostrazione invoglia altri giovani a partecipare alla challenge per ottenere la stessa visibilità. In questo modo il gioco diventa virale ed aumenta esponenzialmente la sua pericolosità, in quanto il “contagio” comprende l’intero pianeta.
Perchè gli adolescenti ignorano la pericolosità di questi giochi e decidono di “sfidare” la morte?
Ci sono molteplici motivi per cui i ragazzi si fanno coinvolgere in giochi pericolosi. Tenendo in considerazione quanto approfondito nell’articolo sull’adolescenza (adolescenza: una sfida per tutti), cerchiamo di fare una lista dei motivi più intuibili:
- A questa età, se non adeguatamente rinforzati in precedenza, gli adolescenti ricercano apprezzamento e riconoscimento delle loro qualità. In alcuni di questi giochi, ad esempio nel Blue Whale, ci sono delle persone che fanno da “mentori”, incoraggiando il ragazzo ad affrontare sfide sempre più pericolose. Nel caso in cui le vincano, i cosiddetti curatori mostrano grande apprezzamento per loro e ciò li fa sentire approvati e stimati.
- In adolescenza è molto importante la visibilità e l’apprezzamento dei coetanei. Il riconoscimento sociale e l’ammirazione degli altri giocatori incrementa l’autostima dell’adolescente, inducendolo a provare giochi sempre più estremi.
- Una caratteristica dell’adolescenza è la sensazione di onnipotenza, che fa pensare ai giovani “a me non succederà nulla, non posso morire”. Questa percezione, però, fa diminuire il senso del limite da non superare ed il senso del pericolo. E’ importante sottolineare come i giovani in quei momenti non ricerchino la morte, ma la sensazione forte che deriva dal rischio a cui si sottopongono. La morte molto spesso, infatti, non viene presa in considerazione da loro, vogliono semplicemente vivere il brivido.
- Molti giovani si fanno influenzare dal gruppo di appartenenza oppure dalla loro voglia di appartenervi, e considerano questi giochi come dei riti di passaggio per entrare a farne parte. Molto pressante a questa età, infatti, è il conformismo. Un adolescente potrebbe fare di tutto pur di sentirsi parte di qualcosa e di essere approvato dai pari.
- Come succede per gli sport estremi, bisogna tenere conto della scarica di adrenalina che entra in circolo facendo qualcosa di pericoloso. L’incremento di questo ormone provoca, infatti, una sensazione di intenso piacere che induce a ripetere l’esperienza.
- A volte, infine, l’adolescente adotta condotte pericolose per dimostrare a qualcuno (e a se stesso) di essere “grande” e di potersi così affrancare dalla propria famiglia. Spesso viene ripetuto ai bambini che gli adulti non hanno paura. Questo “mantra” influenza il pensiero dei bambini fino all’adolescenza, momento in cui, desiderando ardentemente crescere ed essere riconosciuti come adulti, cercano di dimostrare di non avere paura mettendo in atto condotte a rischio. Sarebbe opportuno, perciò, far comprendere a bambini ed adolescenti che gli adulti hanno delle paure, in modo da non idealizzare il loro ruolo. Bisognerebbe, inoltre, aiutare i figli ad accettare la paura e a gestirla. Molto importante sarebbe fargli capire che è positivo provarla, in quanto essa consente di porre maggiore attenzione a ciò che si fa e a valutare più obiettivamente le situazioni che si affrontano.
Quali sono le challenges più pericolose di cui si è a conoscenza:
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Blackout game:
l’obiettivo è quello di provocarsi volontariamente uno svenimento (da soli o con l’aiuto di altri) e di filmare il tutto per postarlo online. Ci si procura un soffocamento per privarsi dell’ossigeno e provare la conseguente sensazione di euforia. L’ipossia, infatti, conduce ad una perdita di sensi temporanea a cui fa seguito uno stato di benessere e stordimento, comparabile a quello causato da alcune droghe.
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Daredevil selfie:
consiste nel fotografarsi in luoghi e/o condizioni estremamente pericolose, ad esempio sulla cima di palazzi o sporgendosi da un precipizio.
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Selfie col treno:
l’adrenalina è causata dal farsi un selfie mentre si schiva il treno in corsa, posizionati sui binari di ferrovie o metropolitane.
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Roulette russa tra le auto:
i ragazzi si riprendono sdraiati sulla strada mentre aspettano le macchine in arrivo, preferibilmente al buio e dietro una curva, oppure nei pressi di un incrocio, per aumentare la pericolosità della sfida.
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Balconing:
Si tratta di lanciarsi dal balcone di una camera d’albergo, posta ad un piano elevato, per tuffarsi nella piscina sottostante o per atterrare su un altro balcone.
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Car surfing:
consiste nel salire sul tetto di una macchina in corsa passando dal finestrino, per poi rimanere in equilibrio sul tettuccio dell’automobile, come se ci si trovasse su una tavola da surf.
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Batmanning:
i ragazzi si sfidano a stare più tempo possibile nella classica posizione di Batman, ovvero appesi per i piedi a testa in giù. Più elevata è l’altezza, più lungo il tempo in cui stanno in questa posizione, e più visibilità ottengono. Il rischio, oltre alla possibilità di cadere da un’altezza elevata, è dato anche dagli effetti causati dal sangue alla testa per periodi prolungati.
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Horsemanning:
si tratta di farsi fotografare in posizioni in cui sembra di essere decapitati, con la testa ed il corpo visibilmente separati. Ovviamente, occorre che le persone fotografate siano due (una che mostra il corpo, l’altra solo la testa) e che le posizioni e le scene siano studiate in modo da dare questo tipo di illusione.
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Howling:
i partecipanti si fanno immortalare accovacciati nei luoghi più bizzarri nella posizione del gufo (sul frigorifero, sul tetto di una casa, su un albero). Il pericolo deriva proprio dalla scelta del dove.
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Eyeballing:
i ragazzi si versano vodka negli occhi e la “bevono” così. Perché lo fanno? Perché pare che sia il metodo più veloce per ubriacarsi, in quanto attraverso il bulbo oculare l’alcol arriva direttamente nel sangue. Nonostante i medici condannino in modo categorico questa pratica, è molto in voga tra i giovani britannici e statunitensi. Questo “gioco” causa danni alla vista, bruciore e lesioni alla cornea. Questo “sballo”, sia visivo che organico, in alcuni casi può portare allo svenimento.
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Binge drinking:
è uno dei comportamenti giovanili maggiormente diffusi e pericolosi. Si tratta di bere almeno cinque alcolici in meno di due ore, senza mangiare nulla. Molti sono i casi di ragazzi andati in coma etilico per questo comportamento.
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Skullbreaker challenge:
è l’ultimo “gioco” apparso online, la dinamica è questa: due dei partecipanti, che sanno di cosa si tratta, coinvolgono una vittima inconsapevole. I tre, allineati in orizzontale, saltano alternativamente mentre la scena viene ripresa. Quando arriva il turno del ragazzo al centro, i due ai lati fanno uno sgambetto, spingendo in avanti le gambe del malcapitato, che cade violentemente di schiena a terra. La spinta data dal salto fa sì che l’impatto a volte sia fortissimo e il rischio di fratture è molto alto. Ci sono già state vittime di questa sfida.
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Blue whale:
è un rituale che ha lo scopo di condurre qualcuno, prevalentemente un giovane fragile ed isolato, verso il suicidio. E’ una challenge a cui si decide di partecipare volontariamente postando un messaggio con l’hashtag #f57, che porta all’immediato contatto in forma privata da parte di un «curatore». Egli sottopone al partecipante un elenco di prove ben precise e scandite nel tempo. Queste sfide sono sempre più pericolose e si concludono con la cinquantesima, che riguarda il suicidio (“salta da un edificio molto alto”). Al ragazzo che entra a far parte di questa cerchia viene detto che il curatore è in possesso di informazioni personali e, in caso di disobbedienza, porterebbero a ritorsioni violente sulla sua famiglia. Anche per questo motivo molti ragazzi che finiscono in questa rete non denunciano.
Come possiamo aiutare i giovani a non incorrere nelle challenge?
E’ importante comprendere che il dialogo con i figli andrebbe avviato già nella prima infanzia e coltivato da allora. Fin da piccoli bisognerebbe porre particolare attenzione al gioco ed usarlo come strumento di relazione. In questo modo si può creare una buona cooperazione ed intesa, all’insegna del divertimento e dell’apertura. Ciò tornerà molto utile nel periodo dell’adolescenza, poiché permetterà al giovane di fidarsi e aprirsi con il proprio genitore, senza paura di venire giudicato o deriso. Allo stesso tempo, è essenziale rispettare gli spazi e i tempi dell’adolescente. L’obiettivo dovrebbe essere di tenere il dialogo attivo ed accogliente, ma non pressante.
Per quanto riguarda, poi, la vita “online” sarebbe bene non vietare del tutto l’accesso (perché sarebbe così costretto a nascondersi, ottenendo l’effetto contrario a quello che desidereremmo) ma vigilarlo e concordare tempi e modi di utilizzo. Sarebbe, inoltre, opportuno cercare un’alleanza non solo con la scuola, ma anche con gli amici. In particolare, mostrandosi sempre interessati e degni di fiducia, ad esempio aprendo la casa anche agli amici dei figli e passando del tempo con loro parlando di ciò che gli interessa. In questo modo si potrà creare un dialogo a molte voci basato sul rispetto reciproco, sull’ascolto attento e sulla disponibilità al confronto. Ovviamente, questo non implica l’assenza di scontri o momenti di tensione, ma aiuterà di sicuro le relazioni e l’apertura da parte dell’adolescente in famiglia. E ciò, di conseguenza, limiterà la possibilità di ricorrere ad espedienti pericolosi, quali le challenge, per farsi notare.
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