Quando la solitudine diventa pericolosa: il caso Hikikomori

Chi sono gli hikikomori?

La parola giapponese hikikomori, letteralmente, significa isolarsi, stare in disparte. E’ un termine usato per indicare i giovani che decidono di ritirarsi dalla vita sociale. Nei casi più gravi l’adolescente può rifiutarsi di lasciare la casa (o la sua stanza) per anni, arrivando a non comunicare ed interagire con i parenti più stretti. In alcuni casi estremi, ad esempio, obbligano i genitori a lasciare i pasti fuori dalla porta.

Quali sono le cause che possono condurre a questa situazione?

Questo comportamento alienante è molto diffuso in Giappone, ed è causato da un’interdipendenza di diversi fattori personali e sociali.

Tra i fattori personali troviamo la timidezza, che può portare il ragazzo a provare vergogna o insicurezza. Spesso gli hikikomori sono ragazzi intelligenti, sensibili ed introversi che hanno qualche difficoltà a relazionarsi con gli altri.

Un motivo sociale che può portare un adolescente ad isolarsi in modo così estremo sono le relazioni con i suoi pari che, soprattutto in ambito scolastico, possono sfociare in episodi di bullismo o molestie. Questi due atteggiamenti, se perpetuati nel tempo e non affiancati da relazioni amicali positive, possono causare anche agorafobia, ansia o fobia scolare. In un contesto del genere la reclusione potrebbe apparire l’unico modo per manifestare il proprio disagio rispetto all’ambiente in cui si vive.

Specialmente in Giappone, inoltre, vi è una grande pressione sociale verso l’autorealizzazione che può causare negli adolescenti una certa dose di ansia. Sommando questo clima ad un rifiuto al conformismo imposto dalla società giapponese, si può capire come i giovani vengano indotti a trovare una “via di fuga” nell’isolamento auto imposto. Le pressioni di realizzazione sociale (“devi prendere buoni voti”, “devi essere gentile ed attraente”, “devi trovarti un buon marito”) sono più forti durante il periodo adolescenziale, quando, cioè, ci sono molte aspettative riguardo al futuro. I giovani adulti, quindi, si trovano a dover colmare la discrepanza esistente tra la realtà e le aspettative di genitori ed insegnanti. Qualora questa differenza sia troppo elevata, il giovane potrebbe sperimentare un senso di impotenza e di fallimento.

Un atteggiamento che potrebbe aiutare l’adolescente in questa situazione è l’apertura mentale. Il tener conto dei suoi desideri senza influenzarne le scelte di vita per farlo “adeguare” ad un target prestabilito.

Il fenomeno hikikomori riguarda anche l’Italia?

Sebbene si sia diffuso in Giappone intorno alla metà degli anni Ottanta, esso ha iniziato ad interessare dai primi anni Duemila anche il nostro Paese. Si stima, infatti, che in Italia una persona su 250 sia soggetta a comportamenti a rischio di reclusione sociale. L’ultima stima riguardo all’ammontare di hikikomori in Italia risale al 2018 e si riferisce a 100.000 casi. Un fenomeno, quindi, in rapida diffusione, su cui sarebbe bene informare e sensibilizzare le persone, per non trovarsi impreparati o soli ad affrontare una situazione di questo tipo.

CAMPANELLI D’ALLARME:

Questo disturbo non appare in modo repentino. Il decorso, infatti, può essere suddiviso ipoteticamente in tre stadi:

  1. Primo stadio: il giovane comincia a provare la pulsione verso l’isolamento, tuttavia non ne è ancora consapevole. Si accorge, ad esempio, di sperimentare malessere quando si relaziona agli altri e sollievo nei momenti di solitudine. L’hikikomori cerca di contrastare la pulsione continuando a mantenere attività e relazioni sociali dirette. Comportamenti tipici di questa prima fase possono essere: graduale inversione del ritmo sonno-veglia, rifiuto saltuario di andare a scuola, abbandono graduale di attività sociali (sport, gruppi di studio), preferenza di attività solitarie (videogames, serie tv, libri).
  2. Secondo stadio: l’adolescente inizia ad essere consapevole della pulsione all’isolamento, attribuendola ad alcune situazioni sociali o relazioni che non lo soddisfano. I contatti sociali col mondo esterno si limitano quasi esclusivamente a quelli virtuali, mentre viene mantenuto il rapporto con i genitori (anche se spesso conflittuale).
  3. Terzo stadio: il giovane decide di abbandonarsi completamente alla pulsione verso l’isolamento e si allontana sempre più dai genitori e dalle relazioni virtuali. Anche queste ultime, infatti, iniziano a provocare malessere come le relazioni sociali dirette. Questa è la fase più acuta, in quanto l’hikikomori raggiunge un livello di isolamento totale, esponendosi al rischio di sviluppare psicopatologie (ad esempio depressive o paranoidi).

Una volta raggiunto l’ultimo stadio, riportare alla vita sociale una persona è molto complesso. Spesso è necessario un lungo percorso intenso ed articolato che potrebbe durare anni. Anche per questo motivo sarebbe preferibile intervenire fin dal primo stadio, aumentando la comunicazione con il giovane, indagando quali sono le reali motivazioni dell’isolamento e cercando di sostenerlo empaticamente. E’ essenziale in questo contesto non sottovalutare la problematica. Qualora i sintomi dovessero peggiorare è importante che i familiari cerchino immediatamente il supporto di un professionista, senza aspettare che l’isolamento diventi totale.

TRATTAMENTO:

Il percorso terapeutico può durare da pochi mesi a diversi anni, a seconda della gravità e della complessità della situazione. Esso può essere condotto in due modi:

  • Trattando la condizione come un disturbo mentale, ovvero facendo sedute di psicoterapia ed eventualmente utilizzando psicofarmaci;
  • Trattandola come un problema di socializzazione, stabilendo quindi un contatto con il giovane e migliorandone la capacità di interagire con gli altri.

Ovviamente, data la particolare situazione, sarà lo psicologo ad andare dal ragazzo e non viceversa. L’obiettivo iniziale non è, infatti, quello di far uscire il ragazzo da casa, ma quello di “entrare nel suo mondo”, di creare una fiducia che permetta l’instaurarsi di un rapporto diretto. L’accompagnamento nel mondo esterno avverrà successivamente, quando il giovane sarà pronto per affrontare gradualmente degli esercizi di esposizione. Ad esempio, si potrebbe iniziare con una passeggiata notturna, per poi passare al diurno e al costruire piccole relazioni quotidiane.

Tutto questo andrebbe fatto con calma ed affiancamento, senza fare eccessiva pressione sul ragazzo e senza lasciarlo solo nei momenti di maggiore preoccupazione.

Nel caso in cui emerga una tendenza nell’adolescente a denigrarsi e sminuirsi, sarebbe opportuno lavorare sull’autostima, sulla tendenza a considerarsi incapace o inutile e sulla propensione a valutarsi come inadeguato.

Hikikomori e dipendenza da internet: causa o effetto?

Molto spesso questa patologia viene associata, o confusa, con la cultura “nerd”. Questa visione però è riduttiva, in quanto limita il fenomeno ad una conseguenza dello sviluppo tecnologico, piuttosto che ad una scelta volontaria del soggetto. Bisogna sapere che l’uso di internet o videogames da parte degli hikikomori non è la causa dell’isolamento, quanto piuttosto una sua conseguenza. Infatti, si deve tenere conto che il fenomeno è scoppiato ben prima della diffusione di internet o dei videogames immersivi. Per questo motivo non si può attribuire alla dipendenza da internet l’insorgere del fenomeno.

Se ci pensiamo, un hikikomori degli anni Ottanta era isolato in modo assoluto. Al giorno d’oggi, invece, un adolescente in questa situazione può continuare a coltivare relazioni sociali che, senza internet, avrebbe perso. Alcuni hikikomori, infatti, continuano ad intrattenere rapporti solamente tramite il web, trovandoli meno coinvolgenti e più sicuri per il loro modo di vivere e di sentire. Inoltre, grazie ad internet, queste persone possono accedere a forum che trattano l’argomento hikikomori, confrontandosi così con altre realtà simili e sentendosi meno soli e “strani”.

 

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