Solitudine iperconnessa

 

Come scrive lo psichiatra Tonino Cantelmi “siamo sempre più connessi, sempre più informati e stimolati, ma esistenzialmente sempre più soli”.

In una società sempre più digitalizzata, con genitori sempre più anziani e, spesso, separati, con internet che ha il ruolo di maestro-genitore, i giovani si sentono sempre più soli e meno preparati ad affrontare serenamente la propria crescita e le relazioni interpersonali. Bisogna però sottolineare che la solitudine “digitalizzata” non è una prerogativa degli adolescenti. Ne vengono colpite, infatti, tutte le età.

La tesi dello psichiatra Manfred Spitzer descritta nel libro Connessi e isolati può risultare estremista, ma è supportata da numerosi studi scientifici che confermano quanto l’uso di Facebook conduca ad un livello più basso di soddisfazione della vita. In particolare, questo autore considera la solitudine come una malattia vera e propria, contagiosa e che va al di là dell’esistenza individuale, per insediarsi a livello sociale e culturale. Ed i social network incrementano la sensazione di solitudine. Non è un caso, infatti, che essa abbia cominciato a crescere due anni dopo che la Apple ha lanciato sul mercato il suo primo personal computer.

Perché i social network fanno sentire più soli?

Ironia della sorte, spesso si usa Internet per alleviare la sensazione di solitudine. La connessione sociale non richiede più un incontro, un appuntamento o una telefonata, oggigiorno basta un clic.

Un motivo per cui Internet ci rende solitari è che si tenta di sostituire rapporti reali con relazioni online. Per quanto esso possa essere un buon strumento di interazione iniziale tra due persone (è più facile ed immediato che tentare un approccio diretto faccia a faccia), una relazione esclusivamente virtuale tenderà ad essere alla lunga insoddisfacente, incrementando la sensazione di distanza e solitudine che si era tentato inizialmente di eliminare.

Anche quando si è in situazioni sociali nella vita quotidiana, l’uso degli strumenti digitali ci allontana dalle persone a noi vicine. Ad esempio, se si è seduti a tavola con altre persone, o ad una festa, e ci si mette ad usare lo smartphone, questa azione comunicherà un messaggio chiaro ed inequivocabile al commensale: qualcos’altro, o qualcun altro, merita più attenzione/è più interessante/è più urgente di te che sei qui accanto a me.

E questo modo di fare è contagioso. Se lo fanno altre persone, viene da farlo anche a noi. Perché? Per autodifesa, per comunicare che non sei solo tu a mettermi in secondo piano e ad “ignorarmi”, ma lo faccio anche io.

Ma chiediamoci se è davvero questo il messaggio che vogliamo dare e ricevere.

A cosa può condurre la solitudine?

Come ormai confermato da numerosi studi scientifici, la solitudine influenza l’attivazione dei neuroni dopaminergici e serotoninergici, che sono alla base del nostro benessere emotivo.

Sebbene la solitudine sia un vissuto naturale nell’esperienza umana e sia sempre esistita, qualora diventasse uno stato cronico potrebbe portare a stati depressivi, ansia, panico o ad alcuni tipi di dipendenza. Dal punto di vista fisiologico, invece, esistono molti studi che confermano quanto lo stress cronico sia latore di malattie, e sono altrettanti gli studi che dimostrano come la solitudine sia un potente motivo di stress cronico. Di conseguenza si è assistito all’aumento di patologie che esso porta con sé: dal raffreddore, all’infarto, all’ictus, fino al cancro.
Il vero allarme, dunque, non consiste nella solitudine di per sé, ma nella cronicità della sensazione che, se non adeguatamente supportata da strumenti e professionisti, potrebbe diventare un evento traumatico.

Come si può alleviare il senso di solitudine?

Innanzitutto è importante essere consapevoli del livello di solitudine nel quale si è immersi e di come vi si reagisce. Esistono molte persone, infatti, che accolgono la solitudine come una vecchia amica e che ne ricavano alcuni benefici. Se non si fa parte di questa categoria, però, è bene esserne consapevoli ed iniziare a reagire a questa condizione che porta malessere. Ecco alcuni consigli per non incappare nel circolo vizioso “mi sento solo -> ricorro ad internet -> peggioro la sensazione di solitudine”:

    • Riconoscere la sensazione di solitudine;
    • Accettarla e vivere l’emozione. In quanto emozione passerà;
    • Dedicarsi alle attività e alle persone significative;
    • Cercare di sostituire (o trasformare) i rapporti virtuali con rapporti reali;
    • Prestare attenzione a chi vi circonda;
    • Ampliare gli interessi e fare nuove esperienze.

Concludendo, un utilizzo equilibrato dei social va bene, ma essi non possono sostituire completamente le relazioni reali e profonde. Dopotutto siamo animali sociali, quindi una qualche genere di relazione ci è necessaria per vivere. Le relazioni virtuali, però, non bastano. Si possono equiparare al cibo liofilizzato al posto del cibo vero: esso ci nutre, è vero, ma a lungo termine non riesce a dare lo stesso senso di appagamento e soddisfazione.

 

 

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